Paolo Biscaretti di Ruffìa

(Torino, 8 gennaio 1912-Milano, 8 luglio 1996)

Figlio di Guido, che era stato aiutante di campo di Vittorio Emanuele III, ammiraglio di squadra e senatore del Regno (come lo erano stati altri componenti della sua nobile famiglia di origine piemontese), Paolo Biscaretti di Ruffìa si laureò in Giurisprudenza, nel 1933, all’Università di Roma. Fu assistente alla cattedra di Diritto pubblico comparato presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università La Sapienza, di cui era titolare il Prof. Luigi Rossi e, dal 1935, assistente alla Facoltà di Giurisprudenza della stessa Università presso la cattedra del Prof. Santi Romano, il Maestro che avrebbe profondamente ispirato gli orientamenti scientifici del suo giovane allievo e le cui concezioni avrebbero posto le basi delle sue future ricerche sia sotto il profilo teorico che pratico.

Libero docente nel 1938, nel 1939 vinse il concorso a cattedra. Iniziata la carriera come incaricato all’Università di Pisa e poi in quella di Firenze, nel 1941, dopo il matrimonio con Margherita de Rege, fu chiamato, come professore straordinario di Diritto costituzionale italiano e comparato, all’Università di Catania. Trasferitosi nel 1949 all’Università di Pavia dove ricoprì la cattedra di Diritto costituzionale, assunse lo stesso insegnamento, a far tempo dal 1962, presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Milano, dove concluse nel 1982 la sua attività docente (svoltasi anche con l’insegnamento di Diritto costituzionale italiano e comparato presso la Facoltà di Scienze politiche della stessa Università). La sua attività di ricerca si realizzò, a partire dagli anni ’60 e sino alla sua morte, anche presso l’Istituto per la Scienza della Pubblica Amministrazione di Milano (ISAP), come Direttore del Dipartimento di Diritto comparato, prima, e come autorevole componente del comitato scientifico, poi.

Nel 1987, dopo essere stato Direttore dell’Istituto di Diritto pubblico della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Milano, fu collocato a riposo e nominato professore emerito.

Il Prof. Biscaretti di Ruffìa vanta una produzione scientifica amplissima, estesa non solo sotto il profilo temporale (dalla prima monografia, pubblicata nel 1936 sino all’ultima opera, la raccolta delle Costituzioni, data alle stampe nel 1996), ma anche sotto il profilo contenutistico, a testimonianza dell’eccezionale vastità dei suoi interessi. Si tratta di circa 200 opere, dalle voci di enciclopedia ai saggi di diverso genere, alle numerose monografie.

Tra queste ultime vanno ricordate il Contributo alla teoria giuridica della formazione degli Stati, dato alle stampe nel 1938 e il volume, pubblicato nel 1939, che si propone di analizzare un tema assai meno tradizionale, Le norme della “correttezza costituzionale”, a dimostrazione dell’attenzione del Prof. Biscaretti per quegli aspetti della realtà, le relazioni tra gli organi costituzionali, la cui conoscenza, indispensabile per il giurista, è però assai difficile da realizzare per essere al confine tra la politica ed il diritto.

Lungi dall’occuparsi solo di ordinamenti di consolidata tradizione democratica, il Prof. Biscaretti fu attratto da sistemi anche molto distanti, per mentalità culturale e giuridica, da quelli europeo-occidentali. Basti pensare ai saggi dedicati, sin dal 1942, al Tenno ed all’ordinamento costituzionale dell’Impero nipponico; agli studi, rispettivamente del 1946 e del 1948, sulla Costituzione dell’Unione sudafricana (pubblicato, questo,  nella preziosa raccolta di saggi per il Ministero della Costituente) e sull’India britannica; alle ricerche sull’Unione sovietica e sugli altri Stati socialisti, fatte sin dalla fine degli anni ’50 da lui, studioso non marxista che riteneva però indispensabile accostarsi all’esame di tali ordinamenti senza ostilità preconcetta, ma anche senza adesione, col dovuto distacco e al solo scopo di conoscerli per potervi convivere, trattandosi di sistemi giuridici e costituzionali così diversi. Tali ricerche si sarebbero tradotte in una serie di saggi pubblicati nel corso dei successivi vent’anni nella collana da lui diretta per l’ISAP, inaugurata, con una sua introduzione sull’Unione sovietica, nel 1964 e realizzata in stretta collaborazione con gli autori prescelti per l’analisi dei singoli Paesi. Frutto di questa instancabile attività di studio sarebbero state, negli anni ’70, anche due diverse monografie dedicate alla Costituzione cinese del 1975 e (in collaborazione con G. Crespi Reghizzi) alla Costituzione sovietica del 1977.

Con lo spaziare, nelle sue ricerche, in così diverse latitudini giuridiche e tra differenti forme di Stato e con il ritornare, nel corso degli anni, a rivisitare ordinamenti studiati in precedenza, per valutarne l’evoluzione costituzionale, Biscaretti ha manifestato la sua profonda perizia anche sotto il profilo metodologico, nella difficile “arte” della comparazione. Anche quando si è occupato del diritto costituzionale italiano non ha mai dimenticato né di illustrarne gli istituti secondo il metodo comparativo, né di utilizzare il sempre fruttuoso apporto di altre discipline, quali la storia costituzionale, la scienza della politica, la sociologia.

L’attenzione alla raccolta informatissima dei dati politici oltre che giuridici dei numerosi ordinamenti da lui analizzati ha costituito il segno della sua stessa lunghissima attività docente, svoltasi con il supporto di almeno tre diverse opere. All’ordinamento italiano ha dedicato il Diritto costituzionale, sorto da Lo Stato democratico moderno, scritto tra il 1944 ed il 1945, pubblicato per la prima volta nel 1949-1950 e giunto, nel 1989, alla sua XV edizione, dopo essere stato tradotto in spagnolo e in portoghese.

Alla comparazione giuridica ha dedicato l’Introduzione al diritto costituzionale comparato, apparso per la prima volta nel 1969 e giunto, nel 1988, alla VI edizione (ma corredato, nel 1991, da un’utile appendice di aggiornamento, intitolata 1988-1990. Un triennio di profonde trasformazioni costituzionali).

Il docente attento non poteva dimenticare la necessità del confronto con la viva voce delle Costituzioni, in un’epoca in cui il testo di queste ultime non era così facilmente reperibile come avviene ora. Si spiega così la raccolta Costituzioni straniere contemporanee, iniziatasi nel 1970 e giunta nel 1990 alla V edizione, divisa in due diversi volumi già nel 1980 (dedicati rispettivamente agli Stati di democrazia classica e a Gli Stati socialisti). L’ultima edizione, il cui volume II venne pubblicato nel 1996, poco prima della morte del suo curatore, e che costituisce l’ultimo lavoro scientifico del Maestro, rappresenta anche una prima soluzione al problema che questi si era posto sul come reimpostare lo studio dell’intera materia e la sistematica dello stesso manuale, dedicato al Diritto comparato, dopo il quasi totale venir meno della forma di Stato socialista. Nella VI edizione della raccolta sostituì (nel Vol. I, 1994) la dizione di Stati di democrazia classica con quella di Stati di democrazia stabilizzata e dedicò il Vol. II (in collaborazione con M. Ganino) agli Stati di recente ristrutturazione, nei quali rientravano anche gli ex-Stati socialisti. Va sottolineato, proprio con riguardo a queste raccolte, che Biscaretti non solo commentava, ma traduceva assai spesso il testo delle Costituzioni, dopo averne richiesto, in genere, alle rispettive ambasciate, il testo in lingua originale o nelle lingue da lui conosciute, allo scopo di realizzarne un attento riscontro comparativo prima della traduzione.

Questo Maestro va ricordato per l’instancabile e serissimo lavoro di raccolta delle informazioni, prodromico a qualunque suo saggio; per l’interesse sempre vivo per la ricerca su problemi teorici (basti pensare al suo orientamento in tema di inesistenza di limiti sostanziali assoluti alla revisione costituzionale), ma ad un tempo per lo studio di questioni di concreta attualità politica; per l’attenzione e la disponibilità verso gli studenti e gli allievi che tanto spesso si intrattenevano con lui, da ultimo, all’Istituto di Diritto pubblico dell’Università di Milano e, infine, come hanno sottolineato tra gli altri Gianfranco Mor e alcuni suoi allievi (in particolare Pietro Giuseppe Grasso, Carlo Emilio Traverso, Mario Ganino e Maria Paola Viviani Schlein, i cui ricordi di lui, raccolti in G. Mor (cur.) Norme di correttezza costituzionale, convenzioni ed indirizzo politico, Milano, 1999, insieme alle considerazioni formulate dallo stesso curatore di quest’ultima opera sono stati di insostituibile aiuto nella scrittura di queste pagine) per il profondo senso del dovere, per l’instancabile laboriosità, per l’integrità, l’equilibrio e la prudenza nell’esternare i suoi pensieri, per il tratto cortese ed amabile del gentiluomo d’altri tempi che amava, però, cimentarsi con i problemi dell’oggi, alla luce dell’amata scienza della comparazione.

 

Miryam  Iacometti